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Malattia e Destino

di Thorwald Dethlefsen e Rudiger Dahlke

Il libro più conosciuto di Thorwald Dethlefsen è sicuramente “Malattia e destino“, scritto a quattro mani con il dott. Rudiger Dahlke. È un saggio che si colloca nel solco di una corrente di pensiero che non considera la malattia come “un puro accidente, un disturbo casuale senza perché” quanto invece l’espressione dei nostri “aspetti repressi, temuti e accantonati”.

Il paziente che nella medicina allopatica si limita ad ascoltare il medico e a trangugiare i rimedi da lui prescritti, diventa ora protagonista attivo, viene “coinvolto in prima persona, reso partecipe e responsabile del processo di guarigione che può cominciare solo dentro di lui, perché è lui, in realtà, l’unico e autentico artefice della propria terapia”.

Ecco alcune citazioni tratte dal libro di Thorwald Dethlefsen:

“Se nel corpo di una persona si manifesta un sintomo, questo attira più o meno l’attenzione su di sé e spezza sovente in modo brusco la continuità della vita. Un sintomo è un segnale che calamita attenzione, interesse ed energia e mette quindi in discussione tutta la normale esistenza. Un sintomo esige da noi osservazione, che lo vogliamo o no.

Questa interruzione, che sembra venire dall’esterno, noi la percepiamo come un disturbo e in genere abbiamo soltanto uno scopo: far sparire al più presto ciò che disturba (il disturbo appunto). L’uomo non vuole avere disturbi, e in questo modo comincia la lotta contro il sintomo. Anche la lotta significa attenzione e dedizione, e così il sintomo riesce a far sì che ci occupiamo di lui. (pg. 20)

In questo universo non c’è niente di ingiustificato, ma ci sono molte cose di cui il singolo non riesce a vedere la giustificazione. Tutte le tensioni dell’uomo servono, in realtà, a quest’unico scopo: imparare a veder meglio i rapporti – o meglio, imparare a diventare più consapevoli – non a modificare le cose. Non c’è niente infatti da modificare o migliorare, all’infuori della propria ottica”. (pg. 46)

La nostra ombra ci infonde paura. Questo non deve meravigliare, in quanto essa consiste esclusivamente di tutte quelle parti di realtà che abbiamo allontanato il più possibile da noi. L’ombra è la somma di tutto ciò che noi crediamo fermamente che dovrebbe essere eliminato dal mondo, affinché il mondo possa essere bello e sano. Ma le cose stanno esattamente all’opposto: l’ombra contiene tutto ciò che il mondo – il nostro mondo – ha bisogno di avere per sanarsi. L’ombra ci rende malati, in quanto ci manca la sua presenza per poter essere interamente sani”. (pg. 53)

L’uomo deve smettere di lottare e imparare invece che cosa ha da dirgli la malattia. Il paziente deve guardare dentro di sé ed entrare in comunicazione coi propri sintomi, se proprio vuole conoscerne il messaggio. Deve essere pronto a mettere in discussione tutto ciò che pensa di se stesso e a integrare consapevolmente quello che il sintomo cerca di fargli capire a livello fisico.

La guarigione è sempre collegata ad una espansione di coscienza e ad una maturazione. Se il sintomo è sorto perché una componente dell’ombra è precipitata nel corpo e lì si è manifestata, così la guarigione è il processo inverso: il principio del sintomo viene portato a livello di coscienza e redento, quindi, dalla propria esistenza materiale”. (pg. 71)

Alcuni esempi di simbologia dei sintomi:

L’infezione. La persona che non è disponibile a portare a livello di coscienza i propri conflitti, a elaborarli e gradualmente a superarli, è destinata a vedere i conflitti scendere a livello materiale, rendendosi visibili sotto forma di infiammazione. Ogni infezione è un conflitto divenuto materia. Le conflittualità (con tutti i loro dolori e i loro pericoli) evitate nella psiche, si fanno strada nel corpo e si manifestano come infiammazioni.

L’allergia. Negli allergici la “giusta difesa” viene portata agli estremi. L’allergico si costruisce un’armatura e vede nemici dappertutto. […] L’allergia è espressione di forte difesa e aggressività repressa nel corpo. L’allergico ha problemi con la propria aggressività, che però in genere non ammette di avere e quindi neppure vive consapevolmente.

La stitichezza. La stitichezza è espressione del non voler dare, del voler trattenere e riguarda sempre l’avarizia. Mostra chiaramente un attaccamento troppo forte alle cose materiali e l’incapacità di donare su questo piano.

Tratto da: “Malattia e destino“, di Thorwald Dethlefsen e Rudiger Dahlke. Traduzione: Paola Giovetti. Editore: Edizioni Mediterranee.

Fonte: http://www.pensierodistillato.it/2013/02/citazioni-malattia-e-destino-di-thorwald-dethlefsen.html

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