al mio bambino interiore rifiutato dai fringuelli

E’ da qualche tempo che voglio raccontare questa mia. Ora ne ho l’occasione. Spero possa essere di aiuto.
Con l’autoanalisi, grazie alla scuola, è emersa la mia insofferenza verso l’essere rifiutato che ha radici molto profonde nell’infanzia di un bimbo spesso solo e senza compagni di gioco. Mi è sorto alla memoria un episodio da cui è scaturito questo discorso con il mio bambino interiore (incazzato nero), che voglio condividere con voi, in particolare con chi non ha potuto sentirlo in diretta.
DIMMI: COME TI SEI SENTITO QUELLA VOLTA CHE ….. IL PARROCO NON HA SCELTO ANCHE TE PER FARE IL CHIRICHETTO?
Piccolo Beppe:
“Perché non mi ha scelto? Cosa mi manca? Io le cose le faccio meglio di tutti … A scuola sono il primo della classe, gioco bene al pallone, alla domenica vado all’oratorio, non sono uno stupido, però ha preso quello lì che non capisce niente, non è bravo a fare niente. Quello ce l’ha con me. NON E’ GIUSTO. Se glielo dico alla mamma dice che non fa niente.. COME NON FA’ NIENTE!?!?!”
“A mé non mi vuole nessuno. Non sono né di Villa né di Vergano (P.S. da piccolo abitavo in una frazione di Villa Vergano, dove ero l’unico bambino della mia età), gli altri hanno il loro giro e sono sempre da solo. L’unica che mi vuole bene è la maestra. Lei vuole bene a tutti e mi dà bei voti. Gli altri non mi vedono. Mia mamma ha sempre il mal di gambe e dice che è colpa mia. Mio papà, se faccio qualcosa che non và o non ubbidisco, dice che non combinerò mai niente di buono nella vita.”
“LASCIAMI STARE. VOGLIO STARE SOLO.”
Beppe:
Caro bambino mio, lascia che ti dica che tu sei la persona più importante al mondo. Capisco il tuo DOLORE , lo sento, lo riconosco. Io lo so che sei bravo, io lo so che vuoi fare piacere alla mamma e al papà. Vedi, loro non sono mai stati bambini, non hanno mai ricevuto parole buone, non hanno mai avuto quell’amore fatto di carezze, abbracci, gioco e sorrisi. Non ce l’hanno e non possono dartelo. Per loro, amore è comprarti il vestito bello, il gioco che ti piace, quelle cose lì, ma il resto non sanno casa è anzi, gli hanno insegnato che và bene, che è peccato. E ci hanno creduto.
Con me puoi parlare, puoi liberare il tuo dolore perché tu hai ragione di soffrire.
OGGI HO CAPITO PERCHE’ VUOI STARE SOLO.
Ti hanno fatto credere che nessuno ti vuole, che agli occhi del mondo, QUEL MONDO, tu non vali, non meriti di essere scelto; e così ogni volta che fai le cose per bene, ci metti impegno ti prepari, ma poi ti scartano, ecco che il dolore torna, ecco che pensi di ESSERE SBAGLIATO, ecco che VUOI RESTARE SOLO ecco che ALLONTANI ANCHE CHI MAGARI NON ASPETTA ALTRO CHE TE’.
INTANTO TI DICO CHE NON SEI SOLO. A me puoi dire tutto ed io capirò. Oggi ti dico che non è vero niente di quanto ti hanno detto. TU SEI BRAVO, SEI INTELLIGENTE, SEI BELLO, ma sei nato in mezzo a chi non ha occhi per vedere. Altri bambini feriti, invidiosi di chi è “meglio” di loro a fare qualcosa, perché anche loro soffrono come tè, e il loro dolore lo devono buttare su qualcuno, e in questo caso sei tu il bersaglio.
Lascia che ti dica che TU SEI MEGLIO, perché la tua sensibilità non ti permette di ferire gli altri.
LA SAI LA STORIA DELL’AQUILA E DEL FRINGUELLO?
C’era una volta un’aquila che per sbaglio, il suo uovo finì in un nido di fringuelli. Quando cresceva c’erano solo fringuelli intorno a lei. Si vedeva diversa dagli altri e gli altri fringuelli erano gelosi di lei perché vedevano le sue piume, le sue ali, il suo becco. E allora, cominciarono a schernirla: “tu non sei come noi, guarda come sei buffo, che brutte ali che hai, e poi il tuo becco così storto … Sei brutta, non sarai mai capace di volare come noi.”
L’aquila che non sapeva di essere un’aquila, vedendo che tutti, ma proprio tutti la trattavano così male, pensò di non essere degna di stare con tutti quelli “così migliori di me” pensava, “così bravi a volare” tanto che si mise a camminare come le galline, senza mai aprire le ali per paura di farle vedere tanto dovevano essere brutte.
Ma neanche le galline la volevano anzi la deridevano. Alle galline non pareva vero di poter vendicare lo scompiglio e la paura che le aquile affamate, a volte portavano nel pollaio.
E l’aquila che non sapeva di essere un’aquila, ma si credeva un fringuello venuto male, indegno del mondo e di farsi anche solo vedere, scivolava in silenzio, senza farsi notare. Fino a che, un giorno, una grande aquila reale che si trovava a passare di li per caso, dall’alto vide quel suo simile che camminava titubante, deriso e schernito dagli abitanti della corte, e decide di andare a vedere cosa succede.
E l’aquila che si credeva un fringuello venuto male, alla vista dell’aquila in picchiata pensò: “Finalmente ora quel grande uccello dalle piume dorate metterà fine alle mie sofferenze. Almeno sarò stato utile a salvare qualche gallina”. E rimase ferma ad aspettare gli artigli liberatori del grosso rapace. Fu grande la sorpresa quando l’aquila reale, invece di arpionarla e trascinarla via, si posò proprio dinanzi a lei, bella e fiera.
Intanto tutti erano scappati, c’erano solo loro due, L’aquila reale chiese: Bé che fai li a terra? Hai un’ala rotta? Non sai volare? E l’aquila che non sapeva di essere un’aquila disse: “le mie ali sono così brutte che nessuno le vuole vedere, io non sono degna di volare. Nessuno mi vuole.” L’aquila reale si fece una grande risata e disse: “ma tu sei come me, sei un’aquila, davvero non sai che sei un’aquila”?
“Come, anche tu ti prendi gioco di me? Ti vuoi divertire alle mie spalle come hanno sempre fatto tutti? Anche tu? Perché?”
L’aquila reale capì che la faccenda era grave e allora ebbe un’idea. “lo vedi quel laghetto laggiù? Vieni con me a bere a bere dell’acqua fresca e poi mi racconterai cosa c’è che non va.”
E quando entrambi si affacciarono per bere, l’aquila che non sapeva di essere un’aquila vide per la prima volta una cosa uguale a lei e tanta fu la meraviglia che quasi non svenne. Chiese allora all’aquila reale “ma tu chi sei?”
“IO SONO TE” RISPOSE L’AQUILA REALE, “SONO UN’AQUILA E ANCHE TU LO SEI”. “dici davvero?!?”
E l’aquila che non sapeva di essere un’aquila cominciò a pensare: “Se le sue ali sono così belle, se siamo uguali allora anche le mie lo sono” e per la prima volta aprì le ali e spiccò il volo. E volò così bene che neanche lei ci credeva.
Ora il pollaio, la corte, le galline e i fringuelli, erano cosa lontana, c’erano solo la meraviglia di quel nuovo panorama, un mondo come non lo aveva mai visto, e un’aquila reale li vicino che le diceva:”ORA HAI CAPITO CHI SEI?”
Bambino mio, è ora di decidere cosa vogliamo essere. DIO oggi vuole che noi siamo quello che siamo . SE SIAMO AQUILE – E NOI LO SIAMO – è il momento di salutare i fringuelli e lasciarli ALLE LORO PAURE, fino a quando, forse, un giorno DIO vorrà che anche loro diventino aquile, ma questa è un’altra storia.
ALLORA, TI VA’ DI TORNARE AD ESSERE UN’AQUILA?
Namastè a tutti voi naviganti e un grazie per il calore che voi e la scuola date al mio cuore (che piano piano si sta sciogliendo)
beppe

http://it.youtube.com/watch?v=7rkPwt-W5sI

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