Cristo :” Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. Il bambino ferito

Cristo :” Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli”.

Diventare come bambini significa nutrire il proprio Bambino interiore, recuperare lo sguardo infantile, lo sguardo incantato. Il bambino è l’apertura nei confronti del mondo e nei confronti degli altri, è la spinta verso la vita e verso lo spirito.

Ma proprio quando appare nei sogni il Bambino interiore
mostra tutte le sue innumerevoli sfaccettature: bambino felice, bambino
ferito, bambino capriccioso, bambino invadente, bambino giocoso,
bambino tenero, bambino arrabbiato, bambino spirituale, bambino magico.

Cominciare, attraverso i nostri sogni a comprendere lo stato di benessere o malessere del nostro Bambino interiore, è un’avventura che può riservarci molte sorprese.

E IL BAMBINO FERITO SI ACCORSE DI ESSERE MAGICO

di Susanna Garavaglia

Ho
davanti a me le carte di Findhorn e ne estraggo una per avere
un’ispirazione. “Sei completamente libero di scegliere il tuo sentiero,
quindi cercalo e seguilo e alla fine raggiungerai la meta: la tua
autorealizzazione di Me, la divinità presente dentro di te.”

In
ogni storia di ogni tempo si parla di sentiero perché c’è sempre un
protagonista che ad un certo punto della sua vita abbandona una realtà
che gli sta stretta, un carcere che non gli appartiene più e si
incammina alla ricerca di un tesoro: un regno, una donna da salvare,
uno scrigno, un lavoro. E’ il momento in cui decide di non voler più
vivere fuori di sé, in una realtà che gli è estranea e,
consapevolmente, si mette alla ricerca di se stesso. Ma come può
raggiungersi? Non si tratta di ritrarre la propria natura per vivere
all’altezza di modelli esterni a noi ma semplicemente di lasciarci
essere ciò che già siamo. Se lottiamo contro la nostra crescita non
ascoltando gli impulsi che ci spingono a cambiare, rimaniamo
prigionieri di quel carcere che nelle fiabe ha i contorni della casa
del padre che ha voluto risposarsi dopo la morte della madre oppure
dell’umile stanzetta in mezzo al bosco piena di stenti o, comunque di
una dimora che ha perso la sua connotazione affettiva.

Ogni
trasformazione è questo lasciare emergere sé da sé, agendo in armonia
con la propria parte saggia e profonda. La nostra anima, il nostro Sé
sa perché è qui, conosce il suo compito in questa incarnazione ma nel
corso della vita siamo stati costretti a costruirci una Personalità per
adattarci alle circostanze, al ruolo, per avere il consenso sociale, ed
è questa maschera che ha preso il sopravvento, facendoci allontanare
dalla voce che sa. Pertanto deviamo dal cammino, cercando di adattarci
alla realtà esterna per essere amati e accettati, per non essere
respinti.

Mi
ha sempre colpito il compito del Mago della pioggia: non fa niente di
particolare per avere l’acqua, si apre soltanto alla pioggia lasciando
che ciò che deve essere sia, permettendole di manifestarsi. E noi siamo
tutti maghi della pioggia quando lasciamo che ci parli la voce del
nostro Sé: qui c’è la fonte della felicità, anzi questa è la felicità.
Quando ci intrappoliamo in un comportamento dipendente cerchiamo invece
la felicità in ciò che è esterno a noi stessi. E questa anche perchè
fin da bambini ci è spesso mancato quel senso di approvazione
incondizionata che ci faceva sentire preziosi per il solo fatto di
esistere. Abbiamo invece ricevuto il messaggio di valere per quello che
avevamo o che avremmo fatto. Riuscire è diventata la meta di ogni
nostra azione ma un’altra idea si è aggiunta, la paura di non essere
abbastanza bravi e la convinzione che la nostra forza, quindi, non sia
dentro di noi ma provenga dall’esterno.

Abbiamo
tutti un Bambino Ferito che piange dentro di noi perché crede di avere
fatto qualcosa di sbagliato e si sente in colpa e prova vergogna
pensando di essere stato cattivo. Ha paura di essere punito e la
punizione che teme è la perdita dell’amore : non possiamo essere amati
perché non siamo stati abbastanza bravi. Abbiamo bisogno di ridare
approvazione al nostro Bambino Interiore perché è quella paura di non
meritare amore che ci induce ad evitare quell’introspezione che ci
metterebbe a contatto con quel senso di colpa e quella vergogna che
temiamo . Per questo cerchiamo appoggio all’esterno, negli altri, nelle
attività, nelle sostanze, nel possesso. E’ proprio ponendo la nostra
tranquillità e la nostra pace fuori di noi che abbracciamo la trappola
della dipendenza., come se il nostro vuoto potesse essere colmato da
qualcosa d’altro.

La
nostra cecità risiede nella incapacità di accorgerci della nostra
bellezza e il dono più grande che possiamo farci ogni giorno è
ripeterci “Io mi amo e mi accetto esattamente come sono”: questo è il
contatto risanatore con il Bambino che soffre e non si ama perché è
convinto di essere stato cattivo, perché non si è sentito all’altezza
delle aspettative e ha avuto paura di essere abbandonato. Ma quel
Bambino ha bisogno di sapere che in lui c’è l’abbondanza e che non gli
manca nulla per essere felice.

Se
crediamo che questo sia un buon momento per dare al nostro Bambino
Interiore quella approvazione che ha valore proprio perché viene da noi
stessi, proviamo a metterci comodi, in un luogo tranquillo e in una
posizione che ci possa aiutare a scendere ai nostri livelli interiori
profondi. Respiriamo profondamente, ricordandoci che è importante
allungare l’espirazione, svuotando i polmoni fino in fondo, lentamente,
con amore. Ripetiamo tre volte questa respirazione con gli occhi chiusi
e poi procediamo all’allineamento del corpo fisico, del corpo emotivo e
di quello mentale.
Suggerisco di ripetere mentalmente le formule di disidentificazione “Io
ho un corpo ma io sono molto più di questo mio corpo”, mentre ogni
muscolo si rilassa sempre più profondamente, “Io ho delle emozioni ma
io sono molto più di queste mie emozioni”, lasciando che le emozioni si
allontanino, “Io ho una mente ma io sono molto più di questa mia mente”
e i pensieri se ne vanno piano piano.

Susanna Garavaglia

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