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Cosa accade dopo la morte: il Paradiso
Dopo la morte del corpo fisico e del corpo emotivo, tutta la parte inferiore dell’essere è stata ormai bruciata. Le forme pensiero legate ai desideri e alle basse emozioni sono scomparse e l’anima può ora agire all’interno del corpo mentale purificato.
L’uomo si trova ad avere come ambiente i più elevati pensieri e aspirazioni nutriti durante la sua vita fisica, secondo una successione: da quelli ancora vicini alla personalità a quelli completamente spirituali. Tutti i pensieri di amore, di amicizia, di tenerezza, di simpatia, di affetto che ha vissuto sono moltiplicati in intensità, in un ambiente paradisiaco che corrisponde al suo piano mentale. Essi vengono quindi rivissuti in maniera amplificata.
Risulta logico pensare che chi non ha mai coltivato vibrazioni di altruismo e amore o pensieri sottili di filosofia o spiritualità, percepirà un paradiso piuttosto breve e scarno, o addirittura non lo percepirà per niente; per lui, in sostanza, non ci sarà paradiso! Mentre l’individuo vive queste situazioni, allo stesso tempo si libera progressivamente del suo guscio formato dai pensieri, fino ad abbandonare anche questo e morire così una terza volta. Nella fase paradisiaca si disgregano gli schemi mentali strutturati durante l’ultima incarnazione, i quali, per quanto elevati, restano comunque impregnati di materialità.
Nel piano mentale della Terra, che è più sottile e vibratoriamente più veloce di quello emotivo, non ci sono più forme vere e proprie, ma solo immagini, simboli e, soprattutto, suoni. Nel liberarsi degli ultimi pesi che lo legano alla Terra, l’uomo entra nel piano spirituale vero e proprio, il piano dell’anima, dove prova stati di gioia e di beatitudine sempre più alti. Niente più pregiudizi, niente paure, niente sensi di colpa, solo Gioia totale in un crescendo inimmaginabile di profondità.
È il mondo degli archetipi – di cui gli oggetti e gli esseri fisici sono solo ombre – i quali non sono astrazioni della ragione umana, ma veri e propri esseri che si manifestano agli occhi dell’anima, anche attraverso splendide “melodie celesti”. Qui lo stato della coscienza è notevolmente alterato rispetto alla coscienza fisica, tanto da risultare impossibile immaginarlo ora.
Nel mondo dell’anima
La funzione dell’aldilà non è specificamente evolutiva, l’evoluzione in termini di consapevolezza avviene sulla Terra, nell’ambiente duale; nell’aldilà, come si è visto, prima l’individuo va in una sorta di inferno a ripulire i “binari energetici”, poi, usa questi stessi “binari energetici” per vivere nel mondo animico, in una forma estatica, tutto ciò che ha acquisito sulla Terra in termini di capacità di provare Amore e cogliere il Bello.
L’aldilà è una vacanza, dove si prende consapevolezza dei frutti del lavoro svolto in un ambiente materiale, e dove al contempo ci si ricarica per il lavoro successivo. Ma ricordiamo che solo quando si torna nella materia, si può veramente godere di quanto si è appreso nelle incarnazioni precedenti, grazie alle aumentate capacità di cogliere il Vero e di Gioire della creazione.
Nel mondo dell’anima – esattamente come sulla Terra – la Gioia, la Bellezza e l’Amore possono essere percepiti soltanto se si hanno i “presupposti energetici” per farlo, se si è cioè sviluppato un buon numero di “binari energetici” necessari ad afferrare coscientemente qualità come l’Amore e la Gioia. Tutti i piani di esistenza sono stracolmi di Bellezza, sono letteralmente fatti di Gioia, ma ognuno ne percepisce unicamente in base alle proprie capacità di gestire lo strumento atto a percepirle, la personalità, cioè secondo lo sviluppo del suo Cuore, l’organo preposto a dominare e utilizzare al meglio tale personalità.
Nel mondo dell’anima, il grado di coscienza di noi stessi risulterà proporzionato al livello di identificazione con l’anima che già avevamo sulla Terra. Riassumendo: saremo coscienti sul piano astrale, nella misura in cui eravamo capaci di governare il nostro mondo emotivo, mentre stavamo nel corpo fisico; saremo coscienti sul piano mentale, nella misura in cui abbiamo sviluppato la nostra mente attraverso lo studio e la produzione di pensieri elevati e altruistici, siano essi politici, religiosi, sociali o filosofici; saremo coscienti sui piani dell’anima, nella misura in cui abbiamo provato emozioni superiori (amore, compassione, tenerezza…) e ci siamo dedicati al pensiero astratto, puro, intuitivo, artistico senza fini materiali.
Chi non ha mai avuto pensieri altruistici e non ha mai usato il suo pensiero per pensare veramente, ma si è limitato a usarlo per fare la spesa e parlare delle condizioni atmosferiche, non vivrà il paradiso. Come potrebbe infatti restare cosciente su quel piano dopo la morte? Non ha fabbricato i “binari energetici” sufficienti ad ancorare la sua coscienza su quel livello. Allo stesso modo, chi non ha mai provato emozioni superiori, non si è mai dedicato all’arte o al pensiero astratto, non ha speranza di restare cosciente sui sottopiani più elevati del piano mentale e poi sui piani dell’anima, dopo la morte del corpo mentale.
Spesso sui sottopiani più elevati del paradiso, l’anima incontra quelle entità e quelle forze che la compenetrano e l’aiutano a sviluppare alcune qualità che essa manifesterà poi nell’incarnazione successiva, a vantaggio del progresso dell’umanità intera. Infatti, oltre a gioire di quanto di buono ha fatto e ha imparato durante la vita terrena, l’anima in paradiso si istruisce per la sua nuova prossima missione, acquisendo nuove capacità e qualità; ma può farlo sempre solo nella misura in cui si è resa in grado di ricevere nuovi insegnamenti, lavorando al proprio perfezionamento durante l’ultima incarnazione.
Abbandonati i suoi tre involucri esterni, la coscienza del Sé, cioè dell’anima, se è sufficientemente «cristallizzata», gode della Bellezza dello spazio cosmico. A un certo punto del suo viaggio nel mondo spirituale, essa ha ormai ricevuto tutti gli insegnamenti che è in grado di immagazzinare, ed è arrivata al più alto grado di Beatitudine che le è possibile percepire – che può ancora sopportare con i suoi attuali “binari energetici” – e questa Beatitudine è già milioni di volte più intensa di qualunque momento di felicità terrestre.
Tuttavia, proprio quando ha toccato l’apice, accade ancora qualcosa di straordinario: si accorge che di fronte a lei si estende… l’infinito. Un infinito tutto da scoprire di Amore, Gioia e Bellezza. Essa si accorge che la sua capacità di accrescere la Beatitudine è potenzialmente infinita, priva di qualsiasi confine; realizza in un istante che un mare di inconcepibile estasi è lì ad attenderla, un’estasi che per adesso le risulta insopportabile (non-supportabile), cioè fisicamente non sostenibile dalle insufficienti “memorie di gestione” (i “binari energetici”), costruite fino a questo punto della sua evoluzione.
Questo rappresenta un momento cruciale per l’anima. Andare avanti significherebbe “perdersi” nella Gioia e “annullarsi” nell’Uno, perché verrebbero a mancare i supporti per rimanere unitariamente cosciente di quanto sta percependo. Procedere implicherebbe il disciogliersi per sempre nell’inconsapevolezza del Tutto, ritornare a far parte dell’indistinto Uno. E scegliere questa via dell’oblio completo pare sia effettivamente possibile: è la liberazione finale dalla ruota delle reincarnazioni, dallo spazio-tempo, dal concetto stesso di individuo e di evoluzione.
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