
Un viaggio interiore

Un viaggio interiore
E la fine di tutte le nostre ricerche
Sarà di giungere là dove siamo partiti,
E conoscere il luogo per la prima volta.
T.S. Eliot – Quattro quartetti
In generale ogni tradizione spirituale può essere vista come un cammino, un viaggio interiore, dove il termine viaggio assume un significato un po’ diverso da quello a cui siamo abituati; ad esempio, non è come quando facciamo un viaggio per andare in vacanza: in quel caso non vediamo l’ora di arrivare a destinazione, alla nostra meta e il viaggio è qualcosa di accessorio che deve essere il più breve possibile.
Il viaggio interiore è più come un’esplorazione di un territorio sconosciuto dove in ogni luogo momento manteniamo una capacità di apertura al nuovo, insieme ad un senso di stupore; è come un pellegrinaggio dove ciò che conta è il viaggiare stesso e non la meta, dove ciò che conta è la capacità di meravigliarsi di nuovo e ancora di nuovo.
Marcel Proust
Quindi possiamo definire la ricerca interiore come un cammino di conoscenza che permette di familiarizzarci con ciò che siamo veramente, dove il termine familiarizzarci comprende diversi significati.
Un primo significato è “fare amicizia”, cioè sviluppare un genuino senso di empatia, di amicizia, di tenerezza innanzitutto verso noi stessi. Il nostro viaggio parte proprio da noi stessi, dall’aprirsi e dall’apprezzare ciò che siamo: dove apprezzare significa sia vedere, riconoscere ciò che siamo e sia “voler bene” a ciò che siamo. Se non permettiamo al nostro cuore di ammorbidirsi, se non ci lasciamo toccare interiormente, allora di che utilità è la pratica? Attraverso una progressiva cessazione della continua guerra dentro di noi e contro di noi, attraverso una progressiva cessazione dell’abitudine compulsiva al giudizio (siamo pieni di “questo mi piace”, “questo non mi piace” e “questo è così”, “questo non è così”) si sviluppa un naturale senso di agio, di accettazione, di fiducia che riverbera spontaneamente verso gli altri.
Chogyam Trungpa - Shambhala. La via sacra del guerriero.
Una seconda dimensione è quella di “ri scoprire”, “ri conoscere” ciò che siamo: quindi un processo di auto conoscenza, di comprensione profonda a tutti i livelli, sia di ciò che siamo e sia di ciò che è salutare. Non si tratta però di aderire, accettare, nè di rifiutare, negare un certo sistema di credenze filosofico e/o religioso, e nemmeno di scimiottare dei comportamenti prefissati. Si tratta invece di riflettere, di investigare su noi stessi e sulla nostra vita senza dare nulla per scontato, progressivamente disidentificandoci dalle idee, dai giudizi e dai ruoli che “giochiamo” nella vita. Fermandoci e guardando in profondità scopriamo che in realtà non ci conosciamo veramente: ciò che conosciamo è una sovrastruttura, una maschera che ci impedisce di essere veramente in contatto con ciò che siamo autententicamente.
Imparate da voi stessi a riconoscere quello che è nocivo, falso, cattivo e, dopo averlo osservato e investigato, avendo compreso che porta danno e sofferenza, abbandonatelo.
Imparate da voi stessi a riconoscere quello che è utile, meritevole e buono e, dopo averlo osservato e investigato, avendo compreso che porta beneficio e felicità, accettatelo e seguitelo.
Il Buddha - Kalama Sutta .
Un terzo aspetto del cammino è quello che si può definire “una esperienza in prima persona”: il cammino va percorso in prima persona, non si può prendere a prestito l’esperienza di un altro. In questo senso il viaggio interiore è una esperienza personale, intima, che riguarda la totalità del nostro essere. Se rimaniamo solo ad un livello di conoscenza superficiale senza metterci veramente in gioco come possiamo sperare che avvengano dei cambiamenti positivi in noi stessi? Si tratta quindi di imparare a prenderci cura di noi stessi, diventando via via più autonomi e liberi. Se ci assumiamo la responsabilità di noi stessi, anche le nostre relazioni cambieranno: invece di instaurare relazioni di dipendenza saremo sempre più in grado di trovare dei rapporti più equilibrati in tutte le situazioni della vita.
Swami Satchidananda
Marcel Proust.
Infine, il termine stesso familiarizzare fa riferimento ad un “un processo”, quindi ad uno svolgimento, un’evoluzione, un senso di cammino, dove questo cammino non ha un percorso lineare, ma può essere visto come una spirale. Ad ogni giro della spirale la nostra familiarizzazione si approfondisce e acquisisce una maggiore stabilità: sostanzialmente ciò che facciamo è sempre lo stesso, ma su piani differenti. Ciò implica l’utilizzo e di conseguenza lo sviluppo della “mente del principiante”, cioè la capacità di iniziare di nuovo e ancora di nuovo con pazienza e interesse. Vivere la nostra ricerca interiore come un processo ci libera dall’attaccamento a risultati prefissati, permettendoci la continua ri scoperta.
Suzuki Roshi – Mente Zen Mente di Principiante.
Vimala Thakar.
È un viaggio, ma non è un viaggio verso terre lontane, è più come un tornare a casa.
Se siamo stati lontani da casa per molto tempo è probabile che inizialmente non riconosceremo la nostra casa come “nostra”; poi, piano piano, “abitando” la nostra casa, la riconosceremo.
Entrando in casa probabilmente troveremo un sacco di sporcizia che dovremo pulire prima di sentirci di nuovo a nostro agio; magari inizieremo pulendo le aree essenziali come la cucina, la camera da letto e il bagno, per poi prenderci cura di tutte le altre stanze.
Lo scopo del processo è quello di essere di nuovo a casa e il modo di ottenerlo è proprio abitare, dimorare nella nostra vera casa.
Chogyam Trungpa - Shambhala. La via sacra del guerriero.
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