C’ERA UNA VOLTA LA PAURA DELLA VITA
“Persone con molte paure causate dalle cose del mondo, come la malattia, il dolore, gli incidenti, la povertà, il buio, la solitudine, le disgrazie, le paure legate alla vita quotidiana. sono persone delicate. Sopportano in silenzio e in segreto i propri timori, perché non ne parlano volentieri agli altri“.
Oggi voglio raccontarti una storia.
Ti chiedo di leggere queste righe con quella curiosità e quell’attenzione tipiche di un bambino alle prese con la sua favola della buona notte. Sarà divertente, oltre che istruttivo.
C’era una volta un ragazzo timido e delicato, alle prese con il difficile compito di diventare uomo in un mondo che a lui sembrava troppo rude e violento.
Era cresciuto assai in fretta. Aveva dovuto farlo.
La sua delicatezza e la sua grande timidezza, infatti, erano troppo preziose per i giochi di strada (i quali richiedevano prepotenza e capacità di primeggiare) e non erano comprese dai suoi coetanei, che spesso lo indicavano come diverso e fragile.
Lui si sentiva davvero differente, a volte impaurito da tanta brutalità. Almeno lui la percepiva così e sappiamo bene quanto la percezione, molte volte, superi di gran lunga la realtà.
Fu così che iniziò a indossare corazza e scudo, fino a costruire un’armatura d’acciaio perfetta che lo difendesse dagli attacchi esterni. Ora era al sicuro.
La sua corazza era fatta di silenzio e di chiusura e il suo scudo di senso dell’umorismo. Così si faceva rimbalzare addosso la vita.
Per tanti anni continuò a indossare la sua fedele armatura; aveva finalmente cominciato a sentirsi protetto quando usciva di casa.
Ma quando era solo, nella sua camera, e si spogliava di tutti gli orpelli, egli sentiva una grande tristezza. E un’ingombrante paura. La paura di vivere.
La sua autostima era molto bassa e spesso si considerava un essere inutile sul pianeta terra. A volte desiderava perfino scomparire.
Avrebbe mai potuto confidare tutto ciò a qualcuno? E se poi sarebbe stato rifiutato?
A un certo punto della sua vita, entrò nel mondo del lavoro.
Se prima era dura (gli adolescenti sanno essere veramente velenosi senza volerlo), ora lo era ancora di più.
Si trovava a confrontarsi quotidianamente con atteggiamenti da super eroi pompati a silicone e con esseri cazzuti e determinati.
Come avrebbe potuto sopravvivere? Quali strategie avrebbe dovuto adottare?
Si sentiva perso. Diverso, fallito e incompreso.
Tirò a campare per diversi anni (grazie alla sua armatura e al suo scudo), però senza mai sentirsi realizzato o felice.
Un giorno (il giorno più fortunato della sua vita) incontrò il “Grande Ingegnere”.
Era uno specialista nel funzionamento dell’animo umano. Aveva studiato tanto negli anni e ora si occupava di “aggiustare anime”. Gli spiegò perché lui fosse fatto così, quali erano i suoi meccanismi e perché avesse così bisogno di difendersi.
Gli svelò soprattutto quale fosse il suo talento e, con suo grande stupore, il suo talento corrispondeva a quello che egli pensava fosse il suo più grande difetto!
Com’era possibile che per tanti anni si fosse sentito così sbagliato, lui che era la bontà fatta persona?
Piano piano e con un po’ di difficoltà, iniziò a vivere in maniera diversa.
Innanzitutto tolse l’armatura (lo scudo però lo tenne, perché l’ironia salva la vita) e cominciò a sentire sulla sua pelle gli effetti della critica o del confronto, soprattutto in ambito lavorativo. Si accorse che, tutto sommato, era ancora vivo, anche se a volte tutte quelle emozioni facevano male.
Questo lo spinse a esporsi ancora di più, soprattutto per quanto riguarda le sue presunte debolezze.
La delicatezza e la fragilità (che per anni aveva maldestramente nascosto) si trasformarono in punti di forza, soprattutto con certi tipi di individui con cui aveva a che fare. Fu così che iniziò ad essere considerato e ammirato.
In ufficio, molti iniziarono a comportarsi in maniera diversa con lui.
“Vuoi vedere che cambiando l’interno, cambia anche l’esterno?”, pensò in un lampo di genio.
Aveva intuito una grande verità.
Tra le difficoltà del cambiamento, le ricadute, le imprecazioni e i mostri interiori, il nostro Timido Delicato iniziò a vivere intensamente la sua vita, non rifiutando più le sfumature del suo animo.
Il “Grande Ingegnere” gli aveva indicato la via, illustrandogli viti e bulloni che mettevano insieme i suoi meccanismi interiori.
Ora toccava a lui, però, percorrere la via.
“Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia”
P.S. La personalità numero 3 è come un cristallo, puro e delicato. Quando tratti con lui, ricordati di usare delicatezza. Ecco perché ho scritto una storia. È il modo migliore per rendere una realtà meno brutale. Capisci quanto sia importante sapere queste cose quando hai a che fare con le persone?
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