Cresco ed esco dal giudizio
Cresco ed esco dal giudizio
Oggi parliamo di Giano bifronte: il giudizio.
Lo introduco così, perché il Giudizio è esattamente come una moneta o meglio come una medaglia, cioè una superficie con 2 facce.
Giudichi e pensi di non danneggiare nessuno, invece più formuli giudizi a proposito di fatti, di eventi, di situazioni e di persone, esterni a te stesso, e più il giudizio del mondo ti ricade addosso.
Quando esprimi un giudizio, nutri e fai crescere dentro di te, una sorta di demone, che poi si rivolta continuamente contro di te, contro la mano stessa che lo nutre e che gli permette di vivere.
Pensa ad alcune situazioni “ordinarie”.
Ti rifiuti di parlare in pubblico.
Non esprimi il tuo parere a proposito di una certa situazione, perché hai paura di parlare in mezzo alla gente.
Temi sempre di fare brutte figure.
Perché accade tutto questo?
Di solito la risposta ordinaria è “perché non voglio apparire”, “mi sento a disagio”, “non mi piace”, “sono timido”, mentre in realtà hai paura e quindi ti astieni.
Questa sorta di schiavitù legata al giudizio, ti blocca, perché una parte di te è “consapevole”, suo malgrado, che tu per primo giudichi male, in certe situazioni, chi non è spigliato, chi si perde nei periodi contorti, o chi non conosce o non riesce a stare e comportarsi secondo certe regole comuni.
Sai perfettamente, da persona giudicante, come funzionano certe cose, quindi non vuoi stare dall’altra parte della barricata, e così limiti la tua “libertà” di espressione e di movimento, per non ritrovarti, a tua volta, seduto nel banco degli imputati.
Di cosa si ha paura?
Un po’ di tutto: di come ci vestiamo, di come parliamo, di quello che diciamo, oppure per come ci muoviamo, per come guidiamo l’auto, per il nostro aspetto esteriore o addirittura per chi e come amiamo.
Viviamo nel giudizio, giudicando qualsiasi cosa, e di conseguenza abbiamo paura di essere a nostra volta giudicati, dal resto del mondo.
Una delle sfere più “faticose” è la paura del giudizio del nostro corpo, paura che tocca maggiormente le donne, ma non esclude nemmeno gli uomini, i quali la riversano soprattutto sulle dimensioni genitali e sulle prestazioni.
Fondamentalmente ci vergogniamo del nostro corpo e di come si esprime.
Più ce ne vergogniamo e più è presente in noi il giudizio sull’aspetto fisico degli altri.
Come giudichi la tua amica, che ha messo peso dopo la gravidanza?
O come ti esprimi verso l’amico che sembra non vantarsi pubblicamente delle sue prestazioni?
Il metro di giudizio che tieni “in casa”, cioè dentro di te, è il medesimo che poi sfoderi, senza accorgertene, per “misurarti” agli occhi delle altre persone.
Nella stessa identica misura in cui tu reputi una persona sovrappeso o poco dotata, reputi anche te stesso.
L’ansia da prestazione raggiunge negli uomini livelli abnormi, ma non scherza nemmeno nelle donne, soprattutto se e quando si parla della famosa “prova costume”.
Ti faccio notare l’espressione pesante, venuta dal mondo giornalistico prima e pubblicitario poi, in merito a un pezzo di stoffa.
Siamo stati educati a vivere il costume come una sorta di campionato mondiale.
La bellezza del dare respiro alla pelle, del vivere il sole e l’acqua, vengono schiacciati dall’incubo del mettere in mostra qualcosa che negli altri abbiamo reputato “improponibile”, soprattutto la morbidezza e la cellulite, malattia del secolo, che si è fatta fregare solo dal covid.
Dietro la prova costume l’incubo del giudizio, il peso del giudizio altrui.
E’ proprio in questi momenti che ti trovi di fronte al come tu, per primo, sei una persona giudicante.
E’ in queste occasioni che percepisci fino in fondo la misura del tuo “giudicare sempre tutto e tutti”.
Nel tuo subconscio è stato trascritto ogni tuo pensiero in merito a una certa cosa e ora lui sa che un po’ di cellulite ti fa ribrezzo, e ne parli male, che un maschio che non si presenta in un certo modo è una sorta di non uomo, quindi ti sei creato una specie di catalogo, di schedatura interiore.
Chi è annoverato in quelle caratteristiche è sicuramente una persona che non quadra, non funziona, una persona antipatica, oppure poco gradevole e quindi in qualche modo sbagliata.
Noi siamo Anime in “esperienza” e quindi la Vita dovrebbe servirci per rientrare a far parte dell’Uno.
Con il giudizio, noi creiamo separazione, divisione, standardizziamo in buono e cattivo, bello e brutto, giusto e sbagliato, quindi entriamo nella piena separazione e questo ci porta solo sofferenza.
Tu sperimenti una sorta di “dolore psicologico” perché non riesci a essere come il tuo “meglio”, cioè come il “modello” perfetto che hai generato nel momento del giudizio sei perduto.
Creato il peggio, crei di conseguenza anche lo stereotipo del meglio, cioè il suo opposto.
E’ così che fai nascere i 2 standard, più e meno, a proposito di una certa situazione.
Anche la Chiesa, nel corso dei secoli, ci ha trasmesso idee fasulle, che hanno comunque creato di conseguenza dei comportamenti e delle fatiche.
E’ così che, supportato maldestramente anche a livello spirituale, si sono aggiunti altri metri di giudizio e tu hai raggiunto una certa portata di “fatiche” che ora ti schiacciano e contribuiscono a renderti particolarmente esperto ed “espressivo” in fatto di giudizi.
La paura del costume, del sesso, del giudizio, della parola, del corpo ti spinge anche a vivere in funzione di un obiettivo finale, facendoti perdere il piacere di quello che ti separa dal traguardo e soprattutto di quello che accade lungo quel sentiero che ti porta alla soluzione finale.
Tu non riesci a gustare ogni istante, perché vivi tutto proiettato nel futuro, quel futuro che dovrebbe renderti onore e consegnarti quello che ora non hai e non sei, quindi un tempo, fuori dal tempo reale, che ti induce a viaggiare con il naso puntato sul domani, cioè sul quando sarai, avrai, otterrai.
La stessa cosa accade anche quando nelle attività ti viene dato e chiesto di procedere nella tua ricerca, solo in funzione degli obiettivi che vuoi e devi raggiungere, e non per il piacere in sé, per esempio il piacere della conoscenza, del sapere fine a sé e del provare, dello sperimentare per crescere.
C’è bisogno di “uscire dal giudizio”, che separa e crea processi di divisione, se vogliamo entrare di nuovo nell’Unità.
Siamo nati per questo, ma procediamo per mantenere e rinforzare la divisione, la separazione e la dualità.
Se vuoi uscire però dal giudizio, a un certo punto sarà la Vita a costringerti a farlo, se non ti svegli, e lo farà spingendoti ad accettare, come giusto, tutto quello che ti accade.
La cosa sta già avvenendo.
Siamo in una situazione che ci procura, se hai certe consapevolezze, anche dolore.
Tu allora, devi passarci in mezzo e lo devi fare con il coraggio e il distacco del Guerriero della Luce, permettendo sempre al tuo cuore di “trasmutare” quel dolore in un qualcosa di “nobile”.
La fuga non serve e nemmeno i farmaci magici, perché non ci sono.
Devi osservarti e saper osservare la situazione scendendo, se serve, nel regno delle tue ombre, e risalire dopo averle conosciute, pronto a sfidarle, senza più paura alcuna e quindi giudizio.
Allora capisci che spesso le altre persone non stanno formulando nessun giudizio su di te, ma semplicemente che sei tu, con le tue paure più profonde e subdole, che lo pensi e così facendo ti blocchi e ti sovrasti, riducendoti in schiavitù.
Hai giudicato, per esempio, l’abbigliamento altrui e ora pensi che la persona che hai di fronte, giudichi il tuo abbigliamento.
Ma spessissimo questo non fa parte della realtà, ma delle proiezioni, dei deliri dei tuoi pensieri di “giudice” rigidissimo del prossimo.
Sguardi, parole, subito, di rimando ti rimbalzano come pareri negativi nei tuoi confronti, anche se così non è.
Quello che vedi fuori di te è solo una proiezione delle tue paure e dei tuoi “schedari” interiori.
La realtà è il “tuo specchio”, lo specchio di quello che sei.
Ogni volta che ti metti a giudicare il tuo prossimo, in realtà stai solo giudicando te stesso, qualcosa che ti appartiene e non ti piace, non ti soddisfa, non ti rende orgoglioso.
Il giudizio quindi viaggia allo stesso modo dentro e fuori di te e questo significa solo che quando additi un difetto in Tizio o in Caio, nel tuo subconscio tu pensi/sai di avere quel determinato “difetto”.
Se, per esempio, tu giudichi avara la tua migliore amica, tu hai creato un tuo concetto di avarizia, lo hai dentro, lo conosci e te lo riconosci, perché solo l’esperienza ti permette di averne gli estremi, per crearti di lei un certo profilo.
Nel momento in cui però una parte di te se la attribuisce, un’altra parte la rifiuta e la proietta sull’amica.
Il difetto che hai dentro ti disturba, quindi non lo vuoi né considerare, né vedere e non lo sopporti, quindi lo butti all’esterno dando dell’avara all’amica.
Non così nel Guerriero della Luce. Di lui si dice:
““L’Universo non giudica: cospira a favore di ciò che desideriamo. Perciò il Guerriero ha il coraggio di guardare le ombre della propria anima, e si domanda se non stia chiedendo qualcosa di sbagliato per se stesso.
E presta sempre grande attenzione a ciò che pensa.”
Già, prestare attenzione a ciò che nasce da noi, dal nostro dentro.
Un atteggiamento “animico” vero, richiede infatti la discesa interiore, proprio come si dice nell’opera di Coelho, e l’osservazione di quest’ombra, nonché la sua accettazione.
Quando accetti, ecco che avviene la meravigliosa trasmutazione in qualcosa di valido, quale potrebbero essere la solidarietà, l’amorevolezza, la generosità o altro.
Qui stiamo parlando della famosa trave nell’occhio, che tu non vedi e non togli, per andare poi a giudicare la pagliuzza nell’occhio del vicino.
Se scegli di costruire un futuro d’Anima, quindi un mondo nuovo e diverso, è tempo che ti svegli e ti permetta di lavorare su questo aspetto fondamentale.
Viviamo in una società “giudice” e giudicante, che crea e nutre solo la separazione.
Se vogliamo, come dovremmo animicamente, rientrare alla casa del Padre, sarebbe tempo che ci facessimo carico del giudizio e ce ne sbarazziamo.
Non puoi aiutare chi ti è vicino, a togliere la pagliuzza dai suoi occhi, se non trovi e non vedi la tua trave, che ti acceca come Polifemo.
Se provi avversione per un parente, se non sopporti un vicino, forse è giunto il momento di entrare in profondità e prendere visione dei mostri che si nascondono nel tuo Ade.
Le caratteristiche che non sopporti in loro, sono dentro di te.
Magari le esterni più raramente o magari lo fai in ambienti e in ambiti diversi, ma comunque lo fai anche tu.
Giudicare il prossimo è quindi un gesto inaudito e insensato, perché quella persona “pesante” l’hai richiamata nel tuo mondo, semplicemente per la legge di attrazione, perché lei ti facesse da specchio e ti mostrasse un lato oscuro e nascosto di te.
Un giudizio viaggia attraverso alcune tappe.
- Hai delle caratteristiche personali, di solito psicofisiche, che non ami, che non sopporti, che non accetti.
Codardo, bugiardo, aggressivo, poco rispettoso, disonesto, egoista, prevaricatore, chiacchierone sono tra i pezzi forti, ma ce ne sono tantissimi altri. - Non ti piacciono, quindi non accetti questi aspetti, li rimuovi e sei fermamente convinto di non possedere nessuna delle caratteristiche che ti fanno scattare i 5 minuti.
- Anche se non le vuoi vedere, loro ci sono e restano annidate nel tuo subconscio, dove si attivano come calamite e “per risonanza” o per legge di attrazione, chiamala come vuoi, attirano tutte quelle situazioni e quelle persone che possono farti da specchio e renderti consapevole della loro presenza.
- Se tu rimani dell’avviso di non volerle vedere, né tanto meno accettare, quando ti appaiono all’esterno le critichi e dici che le possiede l’altra persona, senza accorgerti che ciò che conosci è tuo, altrimenti non lo individueresti assolutamente.
Se non sai com’è fatto il cioccolato, non ne conosci il gusto e non lo apprezzi, anche se te lo mettono sotto gli occhi, tra diverse leccornie, non lo individui, perché non ne conosci l’esistenza, né sai come si presenta alla vista, al tatto e all’olfatto o allo stesso gusto. Per te il cioccolato semplicemente non esiste.
Osserva attentamente, se vuoi guarire dalla malattia del giudizio, ciò che non sopporti del mondo esterno e ciò che apprezzi.
Poi diventa un alchimista e trasforma in oro, ciò che ti appesantisce.
- Osserva e cerca di cogliere cosa ti infastidisce di una certa situazione, di un ambiente, per esempio quello familiare e/o lavorativo, o di una certa persona.
- Cerca ora in te quella caratteristica che ti “disturba così tanto” fuori di te.
Per esempio non sopporti chi non rispetta il prossimo. Chiediti allora, quando e in che circostanze tu non rispetti gli altri e solitamente come e cosa combini in certe situazioni. - Protrai nel tempo la tua osservazione e ti accorgerai presto che, la realtà, letta con il Cuore, ti permetterà di vedere che quell’aspetto dentro di te non si è mai espresso in maniera negativa.
Quando accetti senza “condizioni”, cioè senza utilizzare i metri a nastro che avevi dentro, trasformi il difetto in qualcosa di superiore, la vedi finalmente come una qualità dell’Anima.
Allora capisci che avevi una sorta di qualità, ancora in uno stadio larvale, e che valutandola secondo la personalità l’hai sempre letta e scambiata per un difetto, come fosse un qualcosa di negativo, ma se tu consenti all’Anima di guardarla attraverso i suoi occhi, allora tutto cambia.
Cambi prospettiva e così cambia il profilo di ciò che osservi.
Questo vale per tutto.
Quella che tu apostrofavi come gelosia e senso di possesso, per esempio, diventano allora solo amore incondizionato, oppure la rigidità, di un collega, diventa il saper essere fermi nei propositi e così via.
Quindi non ti serve scappare da una situazione fastidiosa, ma devi affrontarla, per saperla inquadrare e poi trasmutare.
Questo non significa che tutto debba restare immobile, quindi che di fonte a un lavoro che non ti piace tu lo debba comunque tenere a vita o che la moglie che non ami più, tu le debba rimanere al fianco eternamente; scava, trova, risolvi e poi sarà la tua sensibilità a dirti come ti devi comportare, ma prima risolvi le tue intolleranze, perché sono “espressione” di qualcosa.
“Risolvi” e poi scegli in libertà se rimanere o se andare.
Una cosa è certa: puoi mettere di mezzo l’oceano, tra te e un datore di lavoro pesante o tra te e una persona a cui sei faticosamente legato, ma se non hai risolto e trasmutato ciò che genera il tuo fastidio, stai certo che questo ti si ripresenterà e lo farà in forma più grave, lo farà fino a quando tu non avrai compiuto la magia alchemica di trasmutare quel piombo, che ti rende un giudice, in oro puro, che ti rende invece un mago d’Anima.
C’è bisogno di Guerrieri e di Maghi, cioè di chi si dimostri capace di vedere un problema interiore, di farsene carico e di trasmutarlo in altro, cioè in una sorta di alchimia animica
Risolvi al tuo interno e smetterai automaticamente di indossare la toga e finalmente ti accorgerai che i tuoi demoni interiori, contrariamente a quanto ti è sempre stato insegnato e detto, non vanno cacciati e uccisi, ma semplicemente “trasmutati” in Angeli.
“Conosci il tuo nemico e fai di lui, il tuo migliore Amico.”
Con Amore
Ti degli Arcangeli
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