Sciamanesimo Tolteco Nagualismo: l’arte tolteca del ‘non fare’. Le sette tecniche del non fare dell’arte dell’agguato

Sciamanesimo Tolteco Nagualismo: l’arte tolteca del ‘non fare’. Le sette tecniche del non fare dell’arte dell’agguato

Il mondo normale, quello a cui tutti siamo abituati e cioè quello della vita quotidiana è per gli esperti dell’agguato, quello che viene chiamato la prima attenzione e cioè il mondo del fare. Il fare è una catena continua di pensieri lineari ed eventi che sorreggono la visione della realtà per quella che è; cioè del mondo così come lo conosciamo. Il Non-fare sciamanico si basa sulla premessa fondamentale che se noi spezziamo volontariamente questa catena lineare introducendo un elemento nuovo e disturbante, saremo in grado di rielaborare la nostra immagine del sé; l’immagine cioè che ognuno di noi ha di se stesso. In soldoni questo vuol dire introdurre una vera e propria crepa nell’idea che abbiamo di chi siamo noi e poi, di chi sono gli altri; fino a che ci rendiamo conto che tutte queste convinzioni non sono altro che un ammasso di pregiudizi rigidi e duri a morire, su cosa sia il mondo e su cosa siano tutti gli esseri umani. Il non-fare diviene quindi il trampolino di lancio per cambiare, prima poco a poco e poi radicalmente noi stessi, l’idea della vita, il nostro comportamento e il nostro modo di vivere. La prima attenzione è definita il primo anello del potere; cioè la percezione quotidiana data dalla fissità del punto di unione. La seconda attenzione e cioè il secondo anello del potere è direttamente collegato al Nagual e allo spostamento fluido e sistemico del punto di unione tale da rompere la continuità di noi stessi e del mondo così com’è. L’interruzione di questa catena lineare di causa-effetto genera il cambiamento della percezione.

Il non-fare delle abitudini: prima tra tutte bisogna comprendere l’idea che l’essere umano essendo un uomo comune è soggiogato dalle abitudini, dalla routine. Gli esperti dell’arte dell’agguato avevano compreso molto bene quanto esse rivestano per l’uomo un substrato di sicurezza, una boa per galleggiare sicuri nel mare incerto della vita. Fino ad un certo punto esse sono una garanzia alla sopravvivenza della specie, dopo divengono una gabbia. Per questo i praticanti iniziano con l’osservazione spietata delle proprie abitudini e poi, dopo averle riconosciute, iniziano ad infrangerle una per una, interrompendo così la loro routine. Parte essenziale di questa nuova disciplina è quella di mangiare solo quando hanno fame e di dormire solo quando sono veramente stanchi. Gli esperti dell’agguato divengono tali perché si sottopongono costantemente alle interruzioni delle loro abitudini quotidiane sostituendole con atteggiamenti nuovi, impedendo a questi ultimi di divenire parte di una nuova routine. Nessuno di loro ha problemi di obesità né tanto meno problemi di insonnia. Divengono adattabili, fluidi, sciolti, fisicamente forti ed in forma e sono tra gli esseri maggiormente resistenti; hanno imparato a non sprecare mai la loro energia in vane preoccupazioni e soprattutto non hanno comportamenti stereotipati.

Il non-fare della storia personale: chi pratica l’arte dell’agguato sa perfettamente di non aver bisogno di una storia personale e di un passato, non si occupa di vivere in base a schemi prefissati che si sono sedimentati nel suo Tonal, bensì passa la sua intera vita a ricapitolare per cancellarli e così si rende inaccessibile. Egli mira in tutto e per tutto ad acquisire la leggerezza che esiste nell’essere un nessuno, uno zero, e quindi in base al settimo principio dell’arte dell’agguato, egli non si mette mai in evidenza, non parla mai di sé, non si mette al centro dell’attenzione, osserva da dietro le quinte e poi agisce solo quando intravede un segnale del Nagual.

Il non-fare dell’importanza personale: i Toltechi avevano compreso quanto l’importanza personale e cioè il nostro ego rappresentasse il nostro più grande nemico. Esso ci induce a cadere nella grande presunzione di credere che ogni cosa accada in riferimento a noi, al nostro Io gigantesco e questo ci leva la libertà di comprendere che solo la neutralità dell’essere un vuoto, uno zero, ci dona la reale comprensione degli eventi della vita e dei comportamenti delle persone, che sono al di là di quello che presumiamo di capire e che sono sempre al di là di noi. In Viaggio ad Ixtlan, Don Juan dice chiaramente a Castaneda “Sino a quando riterrai di essere la cosa più importante del mondo non potrai realmente giudicare il mondo che ti circonda. Sei solamente come un cavallo con i paraocchi e vedi solo te stesso, isolato da tutto il resto”. Quindi, finché siamo pieni fino all’orlo della nostra importanza personale, siamo convinti di essere superiori agli altri, anche quando ci lamentiamo convincendoci di essere delle nullità, vale sempre lo stesso principio: siamo talmente zeppi di noi stessi da credere che tutto il mondo ce l’abbia con noi o che non ci comprenda, basta vedere come ragionano i depressi che sono dei malati e che sono completamente schiavi del loro ego ipertrofico.

Vi consiglio di leggere anche l’articolo sui SETTE PRINCIPI dell’arte dell’agguato

https://letiziaboccabellanaturopata.wordpress.com/2020/01/06/sciamanesimo-tolteco-i-7-principi-dellarte-dellagguato/

Il non-fare della responsabilità: grandissimo principio che l’uomo comune non segue quasi mai purtroppo… e questo gli crea la bruttissima abitudine a reiterare dubbio e pentimento per le proprie azioni. Agisce totalmente sconnesso dal Nagual che poi si pente delle proprie azioni oppure da la colpa agli altri per i propri fallimenti. Misera condizione questa!…. talmente misera che uno stregone non potrebbe mai e poi mai accettare. Per questo egli si assume la totale e completa responsabilità delle proprie azioni, sempre e comunque e a prescindere dalla situazione. In base al terzo principio dell’arte dell’agguato egli tratta ogni azione come se fosse l’ultima sulla terra e attraverso il quarto principio egli compie le sue azioni nel totale distacco dal risultato; per questo diviene libero dal fardello del senso di colpa. Lo stregone riflette attentamente prima di prendere una decisione e di fare un’azione, ne soppesa tutti i pro e i contro e poi agisce; una volta che l’azione è stata fatta è come se fosse l’ultima da lui compiuta sulla terra e se ne assume la piena responsabilità e soprattutto non torna mai indietro per dubbio o pentimento.

Il non-fare delle preoccupazioni: usare la morte come consigliera è il fulcro del quinto punto del non-fare. Essa è sempre ad un braccio di distanza da noi sul lato sinistro ed un giorno ci prenderà tutti; ricchi, poveri, famosi, sconosciuti, belli, brutti, malati o sani, autoritari o vili. In base a tale pragmatica e incontrovertibile verità possiamo solo scegliere di vivere in piena connessione col Nagual e lasciare spazio alla sua opera, cosicché il nostro costante delirio per le preoccupazioni quotidiane come il denaro, la stima altrui, l’appoggio del prossimo per le nostre scelte, l’onore e tante altre idiozie basate sull’importanza personale, cessino di rappresentare quell’enorme fardello che ci leva una mostruosa quantità di energia. Gli esperti dell’agguato si allenano a sentire la presenza della morte vicino a loro per tutta la vita e agiscono in conformità a questa presenza, rendendo inutili un milione di pensieri ossessivi in merito alla loro vita, perché la morte li rende nulli. La presenza della morte la si percepisce attraverso un brivido ghiacciato che ci percorre la schiena e gli esperti dell’agguato ci dicono che quel brivido vuol dire “Non ti ho ancora toccato, ma solo il mio tocco conta qualcosa… tutto il resto non esiste“!

Il non fare del credere e delle aspettative: un’altra mirabile tecnica messa a punto dagli stregoni toltechi per abbattere il livello delle aspettative e delle credenze collegate al loro sistema di azioni. Essi ci spiegano che l’uomo comune agisce solo perché crede in quello che fa e solo per uno specifico tornaconto; mentre invece l’esperto dell’agguato si prefissa un traguardo incredibile e nel farlo agisce a caso e senza il fardello dell’aspettativa. Don Juan ripeteva sempre che i motivi che spingono ad agire uno stregone sono totalmente incomprensibili ad un uomo comune. L’agire a caso dei toltechi non era follia, era semplicemente il compiere azioni apparentemente senza senso, di piccolo calibro, ma utili a non aspettarsi nulla o inutili nell’avere un senso specifico. Ad esempio; provare a dormire per terra invece che nel letto, oppure vicino al letto invece che sopra, pettinarsi con la sinistra se siamo abituati a farlo con la destra, portare un accessorio al contrario di come regolarmente si indossa ecc… stando sempre attenti a non farla divenire una nuova abitudine.

 

Il non-fare del parlare: I sei tipi di non-fare elencati fino ad ora hanno tutti il medesimo scopo e cioè quello di provocare un costante e minimo spostamento del punto di unione; benché quasi impercettibile, in modo tale da rendere il praticante sempre più fluido e quindi sempre più bravo nell’arrestare il dialogo interno. Don Juan insisteva che l’unica cosa che contava nel mondo della stregoneria era l’abilità di arrestare il dialogo interno in modo da infrangere le barriere della percezione. Per fare ciò bisognava recuperare energia e tutte le tecniche del loro lignaggio erano basate su tale necessità: recuperare energia attraverso l’indebolimento della propria importanza personale, il nemico numero uno verso la liberazione dell’essere umano. Nello specifico, il non-fare del parlare non era altro che il non-fare della nostra storia personale la quale innesca i nostri processi mentali connessi alla ragione i quali attraverso il parlare tengono in piedi la visione univoca che abbiamo del mondo. Quindi l’arresto del dialogo interno dava la possibilità al praticante di spostare il proprio punto di unione per farlo arrivare nel punto della conoscenza silenziosa. Così facendo le barriere della comune percezione potevano essere infrante.

Il corso “Influenzare il tessuto della realtà” mira ad infrangere le barriere della percezione mettendo in pratica tutte le tecniche del mondo Tolteco comprese ovviamente quelle dell’arte dell’agguato

IL corso di I Livello di sciamanesimo tolteco Influenzare il tessuto della realtà, inizierà nuovamente per la sua settima edizione a settembre 2022. Le iscrizioni sono aperte, all’interno del seguente articolo trovate tutte le informazioni ma per procedere all’iscrizione è necessario il colloquio telefonico al 320.0654171:

https://letiziaboccabellanaturopata.wordpress.com/2020/04/27/corso-di-i-livello-di-sciamanesimo-tolteco-influenzare-il-tessuto-della-realta/?fbclid=IwAR1WbLDTHKedDwIuDFjrfQdh3iie9fPh0DbvpSuaRu_JRK7Y-18vUJXQ9DA

 

Il libro uscirà nelle librerie e in tuti gli store online il 14 Aprile 2022

L’ultimo punto, che è però fondamentale per riuscire nei sette precedenti, è una delle strategie più incredibili mai realizzate da una tradizione spirituale, per uccidere il proprio ego, la propria importanza personale. Si allinea con l’applicazione dei sette principi dell’arte dell’agguato che comprende le sette modalità del non-fare ed è la ricerca del Pinches Tiranos. Se già non è presente nella vita di un guerriero, lo sciamanesimo tolteco ci insegna che dobbiamo andare a cercarlo. Il Pinches tiranos è una persona in posizione di potere che può decidere per noi, per la nostra vita, per il nostro lavoro e per la nostra salute… un tiranno. Qualcuno che lede la nostra dignità, che ci offende, che ci maltratta, che ci infanga la reputazione, che cerca di distruggerci in tutti i modi. Questo tipo di persona è il Pinches tiranos perfetto. Sottostare alla vicinanza di una persona del genere per arrivare a distruggere la nostra importanza personale è un vero e proprio colpo da maestro. Il farlo significa radere a zero ogni sorta di ribellione del nostro ego ferito, che lo sia giustamente poi, questo non ha importanza; l’unica cosa che conta è riuscire a sottostare a persone del genere senza rimanere moralmente offesi. Un traguardo che veramente in pochi riescono a raggiungere e che ci rende pieni di potere personale; perché più ci alleniamo nell’andare a cercare queste persone e a rimanere incolumi dal loro effetto nefasto e più acquistiamo energia e quindi potere personale. Attraverso quest’ultimo il nostro punto di unione diviene sempre più fluido e così diviene molto più facile influenzare il tessuto della realtà.

Per riuscire a sviluppare e divenire padroni di tutta l’arte dell’agguato in ogni suo punto specifico, occorre la volontà. Quest’ultima è solo parzialmente umana, perché la volontà di cui parlano gli stregoni toltechi è un vero e proprio centro energetico che si trova sul bozzolo dell’uomo e che è localizzato all’altezza dell’ombelico, leggermente spostato verso destra. La volontà è un vero e proprio centro vitale che però nell’uomo comune è totalmente privo di energia. Se questo centro non si attiva, è impossibile sviluppare l‘intento inflessibile ed è altrettanto impossibile agganciarsi al secondo anello del potere. Sviluppare il secondo anello del potere vuol dire volgere la propria attenzione al Nagual, cioè convogliare l’energia dal centro della volontà al centro delle decisioni (quest’ultimo è un centro che ha la forma di una V e che parte dalle clavicole per estendersi fino al centro del petto) e fare in modo che la percezione si liberi attraverso lo spostamento del punto di unione. La vita dell’uomo comune è così vuota perché ha perso il legame col Nagual, con l’Intento, con lo Spirito. Egli cerca incessantemente di rifornirsi di energia dai successi materiali, attraverso le relazioni sentimentali o più semplicemente attraverso il legame con gli altri, lo status sociale o la ricchezza…. eppure questa vana e incessante ricerca dettata dall’allucinazione del riflesso di sé, lo rende sempre più stanco e frustrato. Basterebbe un atto totale di resa da parte dell’essere umano nel mettersi a totale disposizione del Nagual, un atto di estremo abbandono, eppure siamo talmente attaccati alla nostra importanza personale, da farci divorare dalla paura. Quest’ultima è il primo nemico naturale dell’uomo sulla strada del sapere; se non si sconfigge la paura essa rimarrà per sempre l’unica vera compagna della nostra esistenza. Vivere nella paura equivale ad essere già morti, la paura esaurisce la nostra energia, la nostra vitalità e ci rende delle marionette nelle mani del primo che passa…. triste vero? Svegliati, non hai molto tempo, nessuno ha tempo, perché nessuno sa quando la morte lo prenderà e l’unica certezza che accompagna la vita dell’essere umano è che un giorno dovrà morire. Rifiutare questo stato di cose e vivere come se fossimo eterni vuol dire non avere nessun potere. Rifletti su questa ineluttabile verità e ricordati che vivere da vigliacco è il vero peccato sopra ogni altro, e ironia della sorte il vigliacco è anche presuntuoso, perché è la sua presunzione che lo fa vivere come fosse immortale. Un giorno poi si sveglierà e si renderà conto di essere diventato un vecchio triste, pieno di rimorsi e di rimpianti…. ma quel giorno sarà tardi! Svegliati, vivi da guerriero! Non esiste un modo migliore di vivere e Don Juan ripeteva sempre a Castaneda che l’unica sua preoccupazione era quella di perdere il contatto col Nagual, ecco perché la sua intera esistenza era incentrata sul mantenere forte e chiara questa connessione. Tutto il resto non aveva importanza.

 

Letizia Boccabella

 

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